Sono stato l'assistente del dottor Mengele (XXX) by Miklos Nyszli

Sono stato l'assistente del dottor Mengele (XXX) by Miklos Nyszli

autore:Miklos Nyszli [Nyszli, Miklos]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


XXII

Verso le sette di sera, tutti i giorni entra nel portone del crematorio un autocarro, con un carico di settanta -ottanta donne, oppure uomini, da liquidare. Quella è la razione giornaliera dello scarto del kappa-zeta, proveniente dalle baracche e dall'ospedale. Sono in prevalenza detenuti che nel kappa-zeta si trovano da alcuni anni, o quanto meno da alcuni mesi, che non si fanno più illusioni sulla propria sorte. Appena l'autocarro varca la soglia, il cortile si riempie di immani e terrificanti urla di terrore. I selezionati per la morte sanno che davanti al camino del crematorio non esiste alcuna via di scampo. Non voglio assistere a quelle scene. Generalmente mi rifugio in qualche remoto angolo del cortile, mi nascondo in una piccola pineta, dove non giunge l'eco degli spari e molto affievolite si odono le urla.

Questa sera, però, non mi è stato possibile. Dalle cinque del pomeriggio sono di nuovo in sala di dissezione: devo chiarire le circostanze del suicidio di un Oberscharführer SS. Il corpo mi è stato spedito da Gliwice. Sono presenti il giudice del tribunale militare, un maupsturmführer SS, e un impiegato SS. Verso le sette sto dettando il verbale dell'autopsia all'impiegato, quando entra nel cortile un grande rapalo carico di uomini. Dalla sala anatomica, danno sull'atrio due grandi finestre, protette da inferriate e da una fitta rete verde contro le zanzare. Il veicolo si ferma proprio non lontano da qui. Gli infelici viaggiatori sono assai silenziosi. Ne deduco che sono stati selezionati non nelle baracche, ma nell'ospedale. Sono tutti malati gravi. Non hanno più forze per gridare e neppure per scendere giù dall'autocarro. Gli aguzzini SS urlano, spingono, strattonano; ma nessuno si muove. Il «sottufficiale che guida l'autocarro perde la pazienza, toma al volante e riavvia il motore. La parte anteriore dell'enorme cassone si alza lentamente e rovescia le persone per terra. Malati, semivivi, precipitano di testa, di faccia, gli uni sugli altri, sul suolo. Un terribile urlo s'alza verso il cielo, quegli infelici si contorcono convulsamente per terra. Una scena straziante!

Le imprecazioni e le urla richiamano l'attenzione dell'ufficiale SS, che ignora gli usi del posto e chiede a me cosa sta accadendo là fuori. S'avvicina alla finestra. Gli spiego quello che è accaduto. La scena lo ha evidentemente scosso, perché, voltandosi con forte disgusto e disapprovazione dice: «Ma non possono fare una cosa simile...».

Gli uomini del Sonderkommando ormai strappano dalle vittime i cenci che hanno addosso e li gettano in un mucchio nel cortile. Gli infelici sono trascinati nella sala delle caldaie, dove davanti ai forni c'è l'Oberscharführer Muhsfeldt ad attenderli. Oggi è lui di turno. Indossa i guanti di gomma e regge un'arma in mano. Le persone, portate davanti a lui, s'afflosciano per terra, una per una, facendo posto alle altre. Nel giro di cinque minuti Muhsfeldt tutt'e ottanta le ha "stese"; proprio così usa dire: "umgelegt". Mezz'ora dopo, di loro non resta che qualche pugno di cenere.

Più tardi, l'Oberscharführer viene nella mia stanza per farsi visitare. I battiti del cuore sono alterati e accusa mal di testa.



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